Legge Cirinnà, convivenza di fatto e diritto di soggiorno
Inviato: gio feb 01, 2018 3:02 pm
Buonasera a tutti e tutte,
sottopongo alla Vostra attenzione il seguente quesito, redatto assieme al mio collega Rudy Ciarfera con riferimento a un utente dei nostri Sportelli di Pistoia.
Un utente italiano si è rivolto allo sportello informativo per migranti del Comune di Montecatini.
La sua richiesta verteva sulla possibilità di istituire una convivenza di fatto con la compagna, cittadina coreana, al momento non presente nel territorio italiano.
Questo il primo quesito: qualora un cittadino italiano istituisca una convivenza di fatto con cittadino straniero, quest’ultimo – o quest’ultima – deve necessariamente essere titolare di una qualsiasi tipologia di permesso di soggiorno o è sufficiente il visto turistico?
Nella legge 76 del 20/05/2016 (legge Cirinnà), con l'espressione “conviventi di fatto” si intendono «due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita' o adozione, da matrimonio o da un'unione civile» (art. 1 comma 36).
Tale convivenza di fatto consente al cittadino straniero di richiedere un documento di soggiorno, e in particolare una carta di soggiorno per familiare di cittadino UE? Si può cioè considerare il cittadino straniero come familiare di cittadino comunitario ai sensi del decreto legisltivo 30 del 2007, art. 2, comma 1, lettera b punto 2 (secondo il quale deve considerarsi familiare «il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata...»).
Oppure, in subordine, possono applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3 dello stesso Decreto Legislativo, per le quali «lo Stato membro ospitante... agevola l'ingresso e il soggiorno del... partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata».
Abbiamo visto che nella sentenza 5040 del 31/10/2017 il Consiglio di Stato, seppur per un caso non analogo, ha stabilito che a fronte di un rapporto di convivenza evidente e dichiarato, la Questura «avrebbe dovuto valutare, ai sensi dell’art. 5, comma 9, del d. lgs. n. 286 del 1998, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 286 del 1998, disposizione che, seppure introdotta per regolare i rapporti sorti da unioni matrimoniali, non può non applicarsi, in base ad una interpretazione analogica imposta dall’art. 3, comma secondo, Cost., anche al partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale».
Grazie e a presto
Sergio Bontempelli
sottopongo alla Vostra attenzione il seguente quesito, redatto assieme al mio collega Rudy Ciarfera con riferimento a un utente dei nostri Sportelli di Pistoia.
Un utente italiano si è rivolto allo sportello informativo per migranti del Comune di Montecatini.
La sua richiesta verteva sulla possibilità di istituire una convivenza di fatto con la compagna, cittadina coreana, al momento non presente nel territorio italiano.
Questo il primo quesito: qualora un cittadino italiano istituisca una convivenza di fatto con cittadino straniero, quest’ultimo – o quest’ultima – deve necessariamente essere titolare di una qualsiasi tipologia di permesso di soggiorno o è sufficiente il visto turistico?
Nella legge 76 del 20/05/2016 (legge Cirinnà), con l'espressione “conviventi di fatto” si intendono «due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinita' o adozione, da matrimonio o da un'unione civile» (art. 1 comma 36).
Tale convivenza di fatto consente al cittadino straniero di richiedere un documento di soggiorno, e in particolare una carta di soggiorno per familiare di cittadino UE? Si può cioè considerare il cittadino straniero come familiare di cittadino comunitario ai sensi del decreto legisltivo 30 del 2007, art. 2, comma 1, lettera b punto 2 (secondo il quale deve considerarsi familiare «il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata...»).
Oppure, in subordine, possono applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 3 dello stesso Decreto Legislativo, per le quali «lo Stato membro ospitante... agevola l'ingresso e il soggiorno del... partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata».
Abbiamo visto che nella sentenza 5040 del 31/10/2017 il Consiglio di Stato, seppur per un caso non analogo, ha stabilito che a fronte di un rapporto di convivenza evidente e dichiarato, la Questura «avrebbe dovuto valutare, ai sensi dell’art. 5, comma 9, del d. lgs. n. 286 del 1998, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 30, comma 1, lett. b), del d. lgs. n. 286 del 1998, disposizione che, seppure introdotta per regolare i rapporti sorti da unioni matrimoniali, non può non applicarsi, in base ad una interpretazione analogica imposta dall’art. 3, comma secondo, Cost., anche al partner con cui il cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale».
Grazie e a presto
Sergio Bontempelli