fonte: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id ... 4A02369/SGAggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri prevista dall'articolo 2-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. (24A02369) (GU Serie Generale n.105 del 07-05-2024)
IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
di concerto con
IL MINISTRO DELL'INTERNO
e con
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Visto il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di attuazione
della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure
applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della
revoca dello status di rifugiato, e, in particolare, l'art. 2-bis,
che prevede, con decreto del Ministro degli affari esteri e della
cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell'interno
e della giustizia, l'adozione di un elenco dei Paesi di origine
sicuri;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, di
attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime
sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della
qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di
protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della
protezione riconosciuta;
Visto il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, di attuazione
della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei
richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva
2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e
della revoca dello status di protezione internazionale;
Visto il decreto del Ministro degli affari esteri e della
cooperazione internazionale 17 marzo 2023, adottato di concerto con
il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 72 del 25 marzo 2023,
che stabilisce una lista di Paesi di origine sicuri per richiedenti
protezione internazionale;
Considerata la necessità di effettuare l'aggiornamento periodico
della lista dei Paesi di origine sicuri ai sensi dell'art. 2 del
decreto 17 marzo 2023;
Visto l'appunto n. MAECI_1311_06/05/2024_0056895-I del Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con il quale
sono state trasmesse le schede contenenti le determinazioni
relativamente ai seguenti Paesi: Albania, Algeria, Bangladesh,
Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d'Avorio,
Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco,
Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia;
Tenuto conto dell'esigenza di assicurare il pieno rispetto delle
disposizioni costituzionali concernenti i diritti inviolabili
dell'uomo, di tutelare le specifiche situazioni personali del singolo
richiedente protezione internazionale a prescindere dal Paese di
provenienza e di dare attuazione alla previsione di cui all'art.
2-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008;
Decreta:
Art. 1
Paesi di origine sicuri
1. Ai sensi dell'art. 2-bis del decreto legislativo 28 gennaio
2008, n. 25, sono considerati Paesi di origine sicuri: Albania,
Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde,
Colombia, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo,
Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal,
Serbia, Sri Lanka e Tunisia.
2. Nell'ambito dell'esame delle domande di protezione
internazionale, la situazione particolare del richiedente è valutata
alla luce delle informazioni contenute nelle schede sul Paese di
origine indicate nell'istruttoria di cui in premessa.
DECRETO 7 maggio 2024: Aggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri
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DECRETO 7 maggio 2024: Aggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri
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Re: DECRETO 7 maggio 2024: Aggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri
A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 113/2018, con il nuovo art. 2-bis del decreto legislativo sulle procedure in materia di protezione internazionale (D.Lgs. n. 25/2008), è stata recepita anche nell’ordinamento italiano la previsione dell’istituto dei Paesi di origine sicuri (ex art. 36, Direttiva 2013/32/UE).
La norma prevede che “Con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia, è adottato l'elenco dei Paesi di origine sicuri” che è “aggiornato periodicamente ed è notificato alla Commissione europea” (art. 2-bis co. 1).
Sono previsti, inoltre, una serie di requisiti necessari affinché possa essere espressa una tale “presunzione relativa di sicurezza e protezione sufficiente” nei confronti di un determinato Stato non appartenente all’Unione europea. Fra questi si ricordano, la verifica se “sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione (...), né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” e che “La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l'eccezione di parti del territorio o di categorie di persone” (art. 2-bis co. 2).
Le modifiche normative intervenute sulla materia dal 2018, oltre a prevedere una compressione dei tempi di audizione e decisione delle domande proposte dai richiedenti provenienti da tali Paesi, hanno determinato anche il venir meno dell'efficacia sospensiva in via automatica dell'impugnazione del provvedimento di rigetto - l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può tuttavia essere sospesa con decreto motivato quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni - , con la finalità dichiarata di assicurare una “più efficiente ed efficace gestione del fenomeno migratorio” e al contempo garantire adeguati “mezzi di contrasto del rischio di un ricorso strumentale agli istituti di tutela previsti”. Del resto al "concetto di Paese di origine sicuro viene infatti collegata una presunzione iuris tantum di manifesta infondatezza" e un conseguente onere probatorio aggravato in capo al richiedente (v. Circolare del Ministero dell’Interno del 18 dicembre 2018). La questione dunque è particolarmente rilevante poiché all’identificazione di un richiedente asilo come proveniente da un Paese designato di origine sicuro ai sensi dell'articolo 2-bis consegue il rigetto della domanda di protezione per manifesta infondatezza, decisione motivata dando atto esclusivamente che il richiedente non ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro il Paese designato di origine sicuro in relazione alla situazione particolare del richiedente stesso (artt. 9 co. 2-bis, 28-ter e 32 co. 1 lett b-bis D.Lgs. 25/2008).
A seguito dell’ultimo decreto di aggiornamento periodico della lista dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale, la lista completa risulta la seguente: Albania, Algeria, Bangladesh *, Bosnia-Erzegovina, Camerun*, Capo Verde, Colombia*, Costa d'Avorio, Egitto*, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù*, Senegal, Serbia, Sri Lanka*, Tunisia ( * paesi non presenti nella lista precedente) (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id ... 4A02369/sg).
Ci sembra opportuno primariamente ricordare alcune questioni fondamentali. Innanzitutto, che la valutazione astratta sulle condizioni di sicurezza di un Paese non possono in alcun modo inficiare la richiesta di protezione internazionale, essendo garantito in ogni caso il diritto all'esame della istanza individuale; al contempo preme sottolineare come la procedura condizioni la sostanza del diritto, dal momento in cui il richiedente, in un tempo relativamente breve, deve dimostrare la sussistenza di "gravi motivi" in relazione alla propria "situazione particolare", e che quindi il Paese di provenienza, considerato sicuro per la generalità dei suoi cittadini, non lo è affatto, almeno per quanto riguarda la propria situazione personale. Pertanto, per arginare il rischio di prassi discriminatorie tra richiedenti protezione internazionale in relazione alla loro origine, tale da violare gli artt. 3 e 10 co. 3 della Costituzione nonché l’art. 3 della Convenzione di Ginevra del 1951, si richiamano i seguenti principi fondamentali:
La designazione di uno Stato come sicuro «does not relieve the […] State from conducting an individual risk assessment» (Corte europea dei diritti dell’uomo, Ilias e Ahmed c. Ungheria, Grande camera, 21 novembre 2019, par. 118 e 124);
Il richiedente asilo ha sempre la possibilità “di dedurre la propria provenienza da una specifica area del Paese stesso interessata a fenomeni di violenza e insicurezza generalizzata che, ancorché territorialmente circoscritti, possono essere rilevanti ai fini della concessione della protezione internazionale o umanitaria” e in presenza di detta allegazione, sussiste il dovere del giudice di procedere all'accertamento in concreto sulla pericolosità di detta zona e sulla rilevanza dei predetti fenomeni (Cass., Sez. 1, 18 novembre 2019, n. 29914).
Le suddette precisazioni risultano inoltre particolarmente calzanti alla luce dell'aggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri. Non si può ignorare il fatto che in alcuni dei paesi di recente inserimento, ma anche in alcuni paesi già presenti, vige una situazione per la quale difficilmente si può ritenere dimostrabile che “in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Paesi quali la Colombia, il Perù, la Nigeria, la Tunisia ne sono chiari esempi (Si veda a titolo di esempio quanto riportato da https://www.ecoi.net/). Si sottolinea infine che l’inserimento della Tunisia nella suddetta lista è stato contestato anche da recente giurisprudenza (Tribunale di L’Aquila, decreto del 26 febbraio 2024: https://www.meltingpot.org/2024/03/la-t ... chiedente/).
Commento a cura de L'altro diritto ODV
La norma prevede che “Con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia, è adottato l'elenco dei Paesi di origine sicuri” che è “aggiornato periodicamente ed è notificato alla Commissione europea” (art. 2-bis co. 1).
Sono previsti, inoltre, una serie di requisiti necessari affinché possa essere espressa una tale “presunzione relativa di sicurezza e protezione sufficiente” nei confronti di un determinato Stato non appartenente all’Unione europea. Fra questi si ricordano, la verifica se “sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione (...), né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” e che “La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l'eccezione di parti del territorio o di categorie di persone” (art. 2-bis co. 2).
Le modifiche normative intervenute sulla materia dal 2018, oltre a prevedere una compressione dei tempi di audizione e decisione delle domande proposte dai richiedenti provenienti da tali Paesi, hanno determinato anche il venir meno dell'efficacia sospensiva in via automatica dell'impugnazione del provvedimento di rigetto - l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può tuttavia essere sospesa con decreto motivato quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni - , con la finalità dichiarata di assicurare una “più efficiente ed efficace gestione del fenomeno migratorio” e al contempo garantire adeguati “mezzi di contrasto del rischio di un ricorso strumentale agli istituti di tutela previsti”. Del resto al "concetto di Paese di origine sicuro viene infatti collegata una presunzione iuris tantum di manifesta infondatezza" e un conseguente onere probatorio aggravato in capo al richiedente (v. Circolare del Ministero dell’Interno del 18 dicembre 2018). La questione dunque è particolarmente rilevante poiché all’identificazione di un richiedente asilo come proveniente da un Paese designato di origine sicuro ai sensi dell'articolo 2-bis consegue il rigetto della domanda di protezione per manifesta infondatezza, decisione motivata dando atto esclusivamente che il richiedente non ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro il Paese designato di origine sicuro in relazione alla situazione particolare del richiedente stesso (artt. 9 co. 2-bis, 28-ter e 32 co. 1 lett b-bis D.Lgs. 25/2008).
A seguito dell’ultimo decreto di aggiornamento periodico della lista dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale, la lista completa risulta la seguente: Albania, Algeria, Bangladesh *, Bosnia-Erzegovina, Camerun*, Capo Verde, Colombia*, Costa d'Avorio, Egitto*, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù*, Senegal, Serbia, Sri Lanka*, Tunisia ( * paesi non presenti nella lista precedente) (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id ... 4A02369/sg).
Ci sembra opportuno primariamente ricordare alcune questioni fondamentali. Innanzitutto, che la valutazione astratta sulle condizioni di sicurezza di un Paese non possono in alcun modo inficiare la richiesta di protezione internazionale, essendo garantito in ogni caso il diritto all'esame della istanza individuale; al contempo preme sottolineare come la procedura condizioni la sostanza del diritto, dal momento in cui il richiedente, in un tempo relativamente breve, deve dimostrare la sussistenza di "gravi motivi" in relazione alla propria "situazione particolare", e che quindi il Paese di provenienza, considerato sicuro per la generalità dei suoi cittadini, non lo è affatto, almeno per quanto riguarda la propria situazione personale. Pertanto, per arginare il rischio di prassi discriminatorie tra richiedenti protezione internazionale in relazione alla loro origine, tale da violare gli artt. 3 e 10 co. 3 della Costituzione nonché l’art. 3 della Convenzione di Ginevra del 1951, si richiamano i seguenti principi fondamentali:
La designazione di uno Stato come sicuro «does not relieve the […] State from conducting an individual risk assessment» (Corte europea dei diritti dell’uomo, Ilias e Ahmed c. Ungheria, Grande camera, 21 novembre 2019, par. 118 e 124);
Il richiedente asilo ha sempre la possibilità “di dedurre la propria provenienza da una specifica area del Paese stesso interessata a fenomeni di violenza e insicurezza generalizzata che, ancorché territorialmente circoscritti, possono essere rilevanti ai fini della concessione della protezione internazionale o umanitaria” e in presenza di detta allegazione, sussiste il dovere del giudice di procedere all'accertamento in concreto sulla pericolosità di detta zona e sulla rilevanza dei predetti fenomeni (Cass., Sez. 1, 18 novembre 2019, n. 29914).
Le suddette precisazioni risultano inoltre particolarmente calzanti alla luce dell'aggiornamento della lista dei Paesi di origine sicuri. Non si può ignorare il fatto che in alcuni dei paesi di recente inserimento, ma anche in alcuni paesi già presenti, vige una situazione per la quale difficilmente si può ritenere dimostrabile che “in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione […] né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Paesi quali la Colombia, il Perù, la Nigeria, la Tunisia ne sono chiari esempi (Si veda a titolo di esempio quanto riportato da https://www.ecoi.net/). Si sottolinea infine che l’inserimento della Tunisia nella suddetta lista è stato contestato anche da recente giurisprudenza (Tribunale di L’Aquila, decreto del 26 febbraio 2024: https://www.meltingpot.org/2024/03/la-t ... chiedente/).
Commento a cura de L'altro diritto ODV