Cosa si intende per atto di discriminazione? Come ci si può tutelare?

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#ionondiscrimino (PROG-706) prevede una serie di azioni per riconoscere, prevenire e combattere le discriminazioni dirette e indirette fondate sulla razza e sull’origine etnica nei confronti dei cittadini di Paesi Terzi.

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adirmigranti
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Cosa si intende per atto di discriminazione? Come ci si può tutelare?

Messaggio da adirmigranti » ven mag 20, 2022 3:09 pm

Le risposte alle domande più frequenti

Il principio di non discriminazione è contenuto in numerose fonti normative interne ed internazionali.
Con riguardo alla normativa interna, il primo riferimento alla non discriminazione si ritrova nella Costituzione che all’art. 3 prevede il principio di eguaglianza in senso sia formale (comma 1) che sostanziale (comma 2), da cui conseguentemente deriva il divieto di discriminazione.
Per il resto, la definizione di un vero e proprio principio di non discriminazione è contenuta in numerose fonti normative, tra le quali, in particolare:
- la legge 25 giugno 1993, n. 205, recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”
La legge sanziona e condanna azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista e aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. In particolare l’art. 1 riguarda la discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
- il D.lgs. 9 luglio 2003, n. 215 – Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica nel settore pubblico e privato, con specifico riferimento al mondo del lavoro, ma anche all’assistenza sanitaria, alle prestazioni sociali, all’istruzione, all’accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio.
- il D.lgs. 9 luglio 2003, n. 216 – Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Tale decreto stabilisce la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, sia nel settore pubblico sia in quello privato, a prescindere dagli handicap, dalla religione, dalle convinzioni personali, dall’età o dall’orientamento sessuale.
- il D.lgs n. 286/98 (articoli 43 e 44) contiene l’individuazione puntuale degli atti di discriminazione e la disciplina dell’azione che si può avviare in sede civile nei casi in cui si è vittima di atti di discriminazione.

Ho sentito che esiste una legge che tutela dalle discriminazioni. Ma cosa si intende esattamente per atto di discriminazione?

L’articolo 43 del testo unico sull’immigrazione ( D.lgs. n. 286/98) qualifica come discriminatori i comportamenti che, direttamente o indirettamente, operano una distinzione, un’esclusione, una restrizione o una preferenza per motivi di razza, colore, nazionalità, etnia, religione e che abbiano l’intento o l’effetto di distruggere o compromettere il riconoscimento o l’esercizio, in condizione di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica. In particolare sono individuati i seguenti atti di discriminazione in ragione dell’appartenenza a una determinata razza, religione, etnia o nazionalità :
- compimento o omissione di un atto ingiustamente discriminatorio nei confronti di un cittadino straniero, da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio o di un esercente un servizio di pubblica utilità;
- imposizione di condizioni più svantaggiose o rifiuto di fornire beni o servizi offerti al pubblico;
- imposizione di condizioni più svantaggiose o rifiuto di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia;
- azioni od omissioni dirette ad impedire l’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa dallo straniero regolarmente soggiornante in Italia;
- atti o comportamenti compiuti dal datore di lavoro o dai suoi preposti diretti a discriminare anche indirettamente il lavoratore straniero.

Che cosa si intende per discriminazione diretta? E per discriminazione indiretta?

Si ha discriminazione diretta quando una persona viene trattata meno favorevolmente in ragione della sua appartenenza ad una diversa razza, etnia, religione, orientamento sessuale, etc....
In tali casi il criterio da cui trae origine il trattamento svantaggioso indica in modo esplicito,
o comunque inequivocabile, il fattore di rischio discriminatorio.
Ad esempio, costituisce ipotesi di discriminazione diretta un annuncio di locazione che escluda per principio l’affitto ai cittadini stranieri.
Si ha discriminazione indiretta quando la differenziazione che causa pregiudizio sia conseguenza dell’applicazione di criteri formalmente “neutri” ma che oggettivamente svantaggiano o discriminano una certa categoria di persone caratterizzate dalla medesima appartenenza razziale, etnica, nazionale, etc…
In questi casi la discriminazione si manifesta in modo più nascosto poichè prende in considerazione fattori apparentemente “neutri”, senza riferirsi in modo diretto a quelli di rischio discriminatorio (quali la nazionalità, la razza, l’età, il genere, etc…).
Ad esempio, un criterio di selezione per un lavoro che richieda la residenza pregressa in Italia per un certo numero di anni può essere indirettamente discriminatorio nei confronti dei cittadini non italiani. Tali condotte sono giustificabili solo laddove il fine per cui vengono messe in atto sia
legittimo ed il loro perseguimento avvenga tramite mezzi appropriati e necessari.

Come posso difendermi di fronte ad atti di discriminazione compiuti da un privato o dalla Pubblica Amministrazione?

L’articolo 44 del Testo unico disciplina l’azione in sede civile contro gli atti di discriminazione.
Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice può, su richiesta di parte, ordinare, anche in via di urgenza, la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
L’azione, può essere intentata non soltanto da cittadini stranieri– destinatari della gran parte delle disposizioni del testo unico – ma anche di cittadini italiani, apolidi o di cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea presenti in Italia.

Come funziona il giudizio?

L’azione antidiscriminatoria, per la cui disciplina l’articolo 44 rinvia all’articolo 28 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, presenta alcune peculiarità finalizzate ad agevolare l’accesso alla giustizia da parte del soggetto vittima (effettiva o potenziale) della condotta discriminatoria.
La prima è data dalla competenza territoriale del giudice innanzi al quale ricorrere, che è quello del luogo di domicilio della presunta vittima (e non, come avviene nei “normali” casi di citazione in giudizio, del
convenuto) In secondo luogo, le parti hanno la facoltà di stare in giudizio personalmente, anche senza l’assistenza necessaria di un avvocato.
Infine, c’è una sorta di alleggerimento dell’onere probatorio in capo al ricorrente, il quale ha il solo onere di fornire elementi (di qualsiasi tipo, anche di carattere statistico) da cui si possa presumere l’esistenza di una condotta discriminatoria. Spetterà a questo punto all’altra parte l’onere di provare che la condotta discriminatoria imputatagli non sussiste
Il giudizio antidiscriminatorio si conclude con una pronuncia del Giudice che si articola in due fasi:
a) la prima è di accertamento e dichiarazione del carattere discriminatorio della condotta;
b) la seconda è di tipo ordinatorio e ha come fine, da un lato, quello del ripristino della situazione
che ci sarebbe stata in assenza della discriminazione attraverso l'ordine di cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione dei suoi effetti e, dall'altro, quello dell'eventuale risarcimento del danno.

Sono vittima di discriminazione ma ho paura a denunciare. Cosa posso fare?

Le associazioni iscritte in un apposito registro presso il Dipartimento delle Pari Opportunità – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali sono legittimate ad agire in giudizio in nome, per conto o a sostegno del soggetto passivo di discriminazione basata su motivi razziali o etnici.
Anche le organizzazioni sindacali possono agire in giudizio per tutelare le vittime di discriminazione quando il datore di lavoro metta in atto una discriminazione.
Se ritieni di aver subito una discriminazione per motivi di nazionalità, razza o etnia, orientamento sessuale, disabilità, età, convinzioni religiose e personali, puoi contattare l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), attraverso il suo Contact Center raggiungibile tramite il numero verde gratuito 800 90.10.10, dal lunedì al venerdì, dalle 8:00 alle 17:00. In questa fascia oraria puoi parlare personalmente con gli operatori. È anche possibile inviare una segnalazione usando l’apposito form online

Conosco un avvocato che mi potrebbe aiutare ma non posso pagarlo: che fare?

Si può richiedere di essere ammessi al beneficio dell’istituto del gratuito patrocinio in forza del quale le spese legali vengono pagate dallo Stato e verificare se l’avvocato che si vuole contattare sia inserito nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato istituito presso il consiglio dell’ordine del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere la causa.
La legge (e precisamente gli articoli 74 e ss. del D.Lgs. 30 maggio 2002, n.113) garantisce il gratuito patrocinio al cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.
fonte, links e approfondimenti: https://integrazionemigranti.gov.it/it- ... o-tutelare

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