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La Corte Costituzionale boccia la residenza come titolo di preferenza per l’accesso all’Università

Inviato: gio giu 03, 2021 9:56 am
da adirmigranti
La Provincia autonoma di Trento con l. n. 13 del 23 dicembre 2019 recante “Attuazione della delega in materia di Università degli Studi di Trento e disposizioni in materia di alta formazione, musicale e artistica” aveva istituito, all’art. 15 co. 1, una riserva di un numero di posti non inferiore al 10% per candidati residenti nella provincia di Trento, nell’ipotesi di parità di merito con candidati non residenti.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato tale previsione ritenendola ingiustificatamente discriminatoria perché introdurrebbe un titolo di preferenza per l’accesso all’università in ragione di un criterio non strettamente legato al merito scolastico o “più in generale alla mission dell’istituzione universitaria stessa, come quello della residenza anagrafica“.

Ancora una volta, la questione verte sulla mancata correlazione tra criterio di preferenza e obiettivo del beneficio o della misura: secondo i ricorrenti, “tale criterio di preferenza non è infatti legato al merito o agli obiettivi che l’istituzione universitaria sarebbe chiamata a perseguire ma è destinato ad operare in ipotesi eventuali e comunque residuali, quando cioè gli ultimi posti in graduatoria siano contesi da più candidati collocati a parità di merito che eccedano il numero di posti disponibili”.

Ebbene, tale eccezione è stata ritenuta fondata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 42/2021, coerentemente con il suo più recente orientamento. Il giudice delle leggi ha infatti ritenuto che la disposizione impugnata incida oggettivamente sul godimento del diritto allo studio universitario per il fatto di introdurre un criterio in grado di determinare l’esclusione di candidati non residenti a parità di punteggio con candidati residenti.

Ancora una volta, la Corte Costituzionale richiamando le sue precedenti pronunce (n. 9/2021, 44/2020 e 166/2018), ha riconosciuto l’irragionevolezza di una previsione legislativa che individua nella residenza più o meno prolungata in un determinato territorio “la condizione o anche solo un elemento di favore per l’accesso a determinate prestazioni o per l’ammissione a procedure selettive” non essendovi ragionevole correlazione con la funzione e le finalità delle stesse.

“L’operatività della riserva dei posti introdotta dalla disposizione impugnata” – sostiene la Consulta- “peraltro fissata nella misura minima del 10%, si presta ad assumere infatti una portata lesiva del principio di uguaglianza” in quanto opera a danno degli aspiranti studenti universitari non residenti che non necessariamente sono presenti in misura residuale
fonte: https://www.asgi.it/notizie/la-corte-co ... niversita/